Obbligo registrazione orario di lavoro: la sentenza della Corte di Giustizia Europea e i cambiamenti previsti in Italia
29 Luglio 2019
Notizie importanti arrivano dalla Corte di Giustizia Europea (CGUE), tramite una sentenza che rende necessaria l’adozione di sistemi di rilevazione degli orari di lavoro e di riposo dei dipendenti.
La decisione del 14 maggio 2019 sembra esprimersi in favore dei diritti dei lavoratori e ha un duplice obiettivo: prima di tutto la tutela del lavoratore stesso che, in mancanza di strumenti di misurazione oggettivi e precisi, in grado di calcolare le ore lavorative ordinarie e soprattutto quelle straordinarie, non sarebbe in grado di far valere i propri diritti.
Le conseguenze appaiono ovvie, il dipendente potrebbe non vedersi riconosciuti i consueti tempi di riposo o il giusto compenso per le sue prestazioni, dando adito ad episodi di sfruttamento. Inoltre, questa svolta porta vantaggi anche al datore di lavoro che spesso si ritrova a non sapere effettivamente quante ore abbia lavorato una sua risorsa.
Il secondo obiettivo invece, è dato dal panorama degli strumenti adibiti a questo scopo nelle aziende, che risulta profondamente inadeguato.
Molte, infatti, utilizzano ancora sistemi di rendicontazione che prevedono un inserimento manuale dei dati, altre addirittura non dispongono di alcun metodo di rilevazione presenze.
L’intervento della Corte Europea andrebbe quindi a spronare le imprese ancora restie al cambiamento dato dalla rivoluzione digitale, che toccherebbe finalmente anche questo ambito, troppo spesso legato a fogli di carta e soggetto all’ errore umano.
Il caso CCOO-Deutsche Bank
Facciamo un passo indietro. Cosa ha scatenato questo cambiamento?
In Spagna l’obbligo di rilevazione degli orari di lavoro è già legge dal 12 maggio 2019 (dopo qualche mese dato alle aziende per adeguarsi), quando il sindacato spagnolo Federación de Servicios de Comisiones Obreras (CCOO), ha richiesto di inserire l’obbligo di rilevazione dell’orario di lavoro anche alla Deutsche Bank SAE.
Ed ecco il nocciolo della vicenda: dal canto suo invece, la banca tedesca sostiene che dalla giurisprudenza del Tribunal Supremo (in altre parole la Corte Suprema in Spagna), si evince che il diritto spagnolo, di fatto, non ne prevede l’obbligo di applicazione generale e pertanto, basterebbe tenere un semplice registro delle ore lavorative svolte.
Secondo il sindacato, invece, un sistema di rilevazione degli orari di lavoro permetterebbe non solo di verificare gli orari di lavoro svolti dal personale ma anche di trasmetterne i dati relativi ai rappresentanti sindacali.
Sistemi che sarebbero previsti sia dalla normativa nazionale che dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.
La Corte Spagnola ha quindi coinvolto la Corte di Giustizia Europea, chiedendo di far luce sulla conformità del diritto UE di una simile interpretazione della legge spagnola e riportando, tra le altre cose, un dato allarmante: in Spagna il 53,7% delle ore di lavoro straordinarie effettuate non viene registrato!
Cambiamenti in vista
La richiesta trova accoglimento nella sentenza del 14 maggio, una decisione che ha avuto un immediato riscontro in Spagna, dove è già in vigore.
A questo punto, gli altri stati membri non potranno certo sottrarsi a questa normativa, destinata a diventare legge anche in Italia, che impone ai datori di lavoro l’implementazione di un sistema “oggettivo, affidabile e accessibile che consenta la misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore”.
Fortunatamente, ad oggi esistono soluzioni di facile utilizzo e con costi ridotti che permettono non solo la rilevazione presenze in sede e da remoto ma anche l’approvazione di ferie, permessi, malattie, nonché l’esportazione dati verso i software di elaborazione paghe.
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Fonte: Corte di giustizia dell’Unione europea COMUNICATO STAMPA n. 61/19