Il datore di lavoro deve consentire al lavoratore di fruire di almeno due delle quattro settimane di ferie minime maturate nell’anno, possibilmente in modo consecutivo e non frazionato.
Secondo l’art. 36 della nostra Costituzione, il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunciarvi.
La norma costituzionale ha poi trovato attuazione nell’art. 2109 c.c. secondo cui il lavoratore ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata delle ferie è stabilita dalla legge, dagli usi o secondo equità.
Il periodo minimo delle ferie
Alle citate disposizioni si aggiunge anche l’art. 10 del D.lgs. 66/2003 (attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE) in base al quale, fermo restando quanto previsto dall’articolo 2109 del Codice civile, il lavoratore ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla disciplina riferita a particolari categorie (vigili del fuoco, personale delle strutture giudiziarie penitenziarie, della pubblica sicurezza ecc.), va goduto per almeno due settimane (consecutive in caso di richiesta del lavoratore), nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro.
Come si evince dalla norma, la legge riconosce ai lavoratori un periodo minimo di quattro settimane di ferie all’anno che può essere più ampio se la contrattazione collettiva prevede diversamente. Anche datore di lavoro e lavoratore possono accordarsi per ampliare il periodo feriale: l’importante che il trattamento sia di miglior favore (e quindi superiore alle 4 settimane).
Per determinare il periodo di ferie annuale spettante al dipendente, il criterio è quello che ogni mese viene maturato una quota pari a 1/12 del monte ore annuo. Pertanto, se ipotizziamo che per contratto al dipendente spettano 28 giorni di ferie all’anno, vuol dire che ogni mese viene maturato un rateo pari a 2,333 giorni di ferie.
Quando posso utilizzare le ferie?
Come espressamente previsto dall’art. 10 citato, il datore di lavoro deve concedere al dipendente di fruire di almeno due delle quattro settimane di ferie nell’anno di maturazione. Quindi se abbiamo maturato quattro settimane di ferie, due settimane devono essere fruite entro la fine dell’anno in corso.
Le altre due settimane devono essere fruite entro 18 mesi dall’anno di maturazione salvo che il contratto collettivo non preveda un periodo maggiore, che in ogni caso non deve pregiudicare la finalità delle ferie: permettere al dipendente di recuperare le energie psicofisiche.
Le ferie devono essere utilizzate, come previsto dal Codice civile, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro.
Questo significa che il lavoratore può indicare al datore di lavoro quando intende fruire delle ferie, ma spetta all’azienda l’ultima parola, tenuto conto delle proprie esigenze.
Le ferie non godute scadono?
Dalla lettura della norma del D.lgs. 66/2003, può sorgere il dubbio che il lavoratore abbia a disposizione solo 18 mesi per fruire di tutte le ferie maturate. Ma le cose non stanno proprio così.
Infatti il termine dei 18 mesi successivi all’anno di maturazione delle ferie, ha solo la finalità di determinare la scadenza entro la quale il datore di lavoro deve versare i contributi all’Istituto previdenziale. In sostanza l’azienda versa i contributi dovuti sulle ferie maturate dal lavoratore entro i 18 mesi successivi all’anno di maturazione, indipendentemente dal fatto che le stesse siano state fruite o meno dal dipendente.
Quindi, il lavoratore mantiene il diritto di fruire delle ferie che ha maturato fino a che rimane in essere il rapporto di lavoro. Se la fruizione avviene dopo i 18 mesi, ossia dopo che il datore di lavoro ha già versato la relativa contribuzione (compresa la quota a carico dipendente), non si dovrà più rifare il versamento dei contributi.
La monetizzazione delle ferie
Il D.lgs. 66/2003 prevede che il periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro.
Ciò significa che il lavoratore non può richiedere al datore di lavoro di convertire i giorni di ferie, che ha maturato e non fruito, con la retribuzione, a meno che non abbia rassegnato le propri dimissioni o non sia stato licenziato.
Questo divieto vale anche per il datore di lavoro, nel senso che non può chiedere al lavoratore se intende percepire somme di denaro in luogo di giorni di ferie non fruiti.
Il divieto trova la sua motivazione nel fatto che non può essere barattato un periodo di recupero psicofisico, garantito dalla Costituzione, con somme di denaro, perché in questo modo verrebbe vanificata la finalità propria delle ferie.
La norma però incontra alcune deroghe. In particolare, il fatto che la legge vieti la monetizzazione delle ferie in riferimento al suo periodo minimo (4 settimane) comporta che le eventuali settimane aggiuntive previste dalla contrattazione collettiva possono essere convertite in retribuzione.
Quindi se il contratto collettivo (o individuale stipulato con il lavoratore) riconosce giornate di ferie aggiuntive rispetto a quelle legali, queste possono essere monetizzate.
Per gestire le ferie è possibile fruire della funzionalità di Fluida “Gestione presenze” che consente, direttamente dall’app o dal computer, in pochi secondi di inserire una richiesta al responsabile e, allo stesso tempo, di poter avvisare i colleghi di lavoro delle ferie concordate.